I luoghi affollati... ora deserti

Nella mente di Pietro quel posto era sempre stato un tutt'uno con la gente che ci stava dentro. Un'unica, enorme creatura fatta di studenti, insegnanti e muri. E invece no, quando tutti se ne andavano e Italo chiudeva a chiave il portone, la scuola continuava a esistere, a vivere. E le cose si animavano e parlavano tra loro.
(Niccolà Ammaniti - Ti prendo e ti porto via - Capitolo 19)
Sono sempre stato affascinato dai luoghi che solitamente sono affollati nella loro versione "disabitata".

Per quasi tutte le scuole superiori sono arrivato a scuola ad orari improponibili (tipo le 7.30, ma spesso anche prima) per godermi quei corridoi vuoti, quelle aule vuote, per poter curiosare in quegli angoli di solito occupati dalle tribù scolastiche senza gli occhi di nessuno addosso.

E poi ho continuato: per tutti gli anni in cui ho lavorato in bar, pub, discoteche, ristoranti o pizzerie il momento migliore era quello della chiusura serale (o notturna o all'alba): la pista vuota, i tavoli sbaraccati, le sedie tutte sistemate in bell'ordine, i fari e le strobo cieche e gli altoparlanti muti e silenziosi.

Ho sempre pensato di poter trarre energia da questi luoghi, in cui decine di migliaia di pensieri, di voglie, di aspirazioni, di sentimenti, di forze contrastanti nascono, vivono, si urtano le une con le altre.

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